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Biografie

di Mattia Albera

Jackie Stewart

Tester occasionale

Campione del Mondo 1969 – 1971 – 1973

Nato a Milton (Gran Bretagna) l’11 giugno 1939.

Come Juan-Manuel Fangio, Stirling Moss e Jim Clark, anche Sir John Young “Jackie” Stewart ha rappresentato per alcuni anni il vertice e il termine di paragone per i Campioni della Formula 1. Nato a Milton (contea di Dunbarts, Scozia), 1’11 giugno 1939, Stewart, che era il secondo figlio del concessionario locale della Jaguar, non aveva inizialmente manifestato particolare interesse per le auto, specie quelle da corsa alle quali si dedicava invece con passione il fratello maggiore, Jimmy. Questi aveva corso a metà degli anni Cinquanta per la Scuderia Ecosse e per la Squadra ufficiale Aston Martin. Aveva disputato il Gran Premio di Gran Bretagna 1953 a Silverstone ma si era poi ritirato quando si trovata in sesta posizione. La Carriera di Jimmy Stewart terminò dopo un brutto incidente a Le Mans nel 1954. Jimmy aveva ripreso il lavoro nella concessionaria paterna mentre Jackie, che aveva cominciato l’apprendistato come meccanico, iniziava a dedicarsi, quindicenne, ad un altro sport: il tiro al piattello. E in questa attività aveva subito messo in luce le doti che lo avrebbero distinto anche nelle corse automobilistiche. Prontezza di riflessi, colpo d’occhio, ma – soprattutto – capacità di concentrarsi, notevole calma interiore, buona preparazione atletica, ferrea volontà di vittoria. Dopo aver vinto più volte il Campionato inglese della specialità, il ventunenne Jackie venne incluso come riserva nella Squadra olimpionica britannica che partecipò alle Olimpiadi di Roma 1960. Alle selezioni finali non ebbe fortuna: “Fu un colpo terribile per me, per la prima volta mi trovai faccia a faccia con la delusione. Ma in quel giorno amaro imparai ad accettare gli insuccessi con filosofia”. Altre attività sportive praticate assiduamente da Stewart sono anche il golf, la caccia è la pesca, senza trascurare tennis, cricket, nuoto e ping-pong.

Cessato repentinamente l’amore per il tiro al piattello, almeno a livello agonistico, Jackie si indirizzò verso l’auto da corsa. La prima corsa di Stewart avviene nel 1960, all’età di 21 anni, nel circuito locale scozzese di Charterhall. L’amico di famiglia Barry Filer, lo prese con sé come meccanico durante le gare di club che si svolgono ogni week-end e cominciò ad offrirgli la possibilità di guidare in corsa alcune vetture: dalla Marcos GT (telaio in legno) alla Aston Martin OB4 GT, alla AC, alla Jaguar E. È il periodo che va dal 1961 al 1963, anno – quest’ultimo – nel quale, con la Jaguar, Stewart vince 14 gare. Visto il successo ottenuto con le berline e i coupé la Scuderia Ecosse gli offre la possibilità di correre con macchine più professionali, come una Sport Cooper Monaco, sia pure anziana, e i coupé Tojeiro. Sul finire della Stagione 1963, Ken Tyrrell, che sta preparando i quadri della nuova Squadra di Formula 3 della Cooper-BMC per l’anno successivo, decide di provare il giovane scozzese per trovare un sostituto a Timmy Mayer (fratello dell’avvocato Teddy), perito in un incidente in gara in Australia. Lo invita a Goodwood e Stewart sbalordisce tutti: con la nuova vettura, mai provata prima, Jackie batte il tempo del miglior pilota della squadra, Bruce McLaren, e segna il record del circuito per la Formula 3.

La Stagione 1964 di Stewart con la Formula 3 fu un successo enorme. Vinse tutte le gare alle quali partecipò, meno due nelle quali fu costretto ad arrestarsi per noie meccaniche. Nella stessa Stagione Stewart, che due anni prima si era sposato con Helen McGregor, ebbe la possibilità di esibirsi anche al volante di vetture di altre categorie e tra i suoi principali successi vanno ricordate le vittorie a Snetterton in Formula 2 con la Lotus 32, a Oulton Park con una Cooper-Monaco e nella 12 ore Marlboro con una Lotus Cortina. Sempre con la Lotus F.2 della Squadra Ron Harris si piazzò al secondo posto dietro a Dennis Hulme a Clermont Ferrand. Ovviamente questi successi gli aprirono la strada per il Campionato del Mondo di Formula 1. Tra le varie offerte; prima quella della Cooper, poi della Lotus, Stewart decise a sorpresa di accettare quella della BRM.

La Stagione 1965 iniziò con il Gran Premio del Sud Africa dove Stewart, classificandosi sesto, ottenne il suo primo punto nella Classifica Mondiale. Poi disputò alcune corse in Inghilterra: a Brands Hatch arrivò secondo, a Goodwood, dopo aver segnato il miglior tempo in prova, fu costretto al ritiro; a Silverstone vinse l’lnternational Trophy. Poi cominciò la serie delle gare continentali del mondiale. A Monaco, ottenne il terzo tempo di qualificazione dietro a Graham Hill e a Jack Brabham e davanti a Lorenzo Bandini e John Surtees. In corsa fu sempre nelle prime posizioni conducendo anche il carosello dal 24° al 29° giro, per classificarsi poi terzo dietro a Hil1 e Bandini. Nel successivo Gran Premio del Belgio, sul velocissimo e impegnativo tracciato di Spa-Francorchamps, Stewart migliorò ancora il suo piazzamento: secondo dietro al grande Asso scozzese “Big” Jim Clark, suo conterraneo e amico, e Campione del Mondo per la seconda volta in quella Stagione. Questa classifica si ripeté nel Gran Premio di Francia e in quello d’Olanda, mentre in Inghilterra Stewart si classificò quarto. Il 1° agosto fu poi la volta del Gran Premio di Germania sul tracciato più difficile del mondo, il Nürburgring. In prova dopo Clark, che con la Lotus Fl 1500 cc, aveva ottenuto il sensazionale tempo (per l’epoca) di 8’22”7/10, si piazzò Stewart con la sua BRM in 8’26”1/10 davanti al compagno di squadra Graham Hil1 con il tempo di 8’26”8/10. La buona prestazione di Jackie sul tremendo circuito a saliscendi con 170 curve era dovuta anche al fatto che due mesi prima Stewart vi aveva disputato la 1000 chilometri per vetture Sport prototipo al volante della Ferrari di una Scuderia inglese, in coppia con Graham Hill. Anche in quella occasione Stewart dette filo da torcere al suo maestro alla BRM costringendolo a impegnarsi al limite per strappargli il giro più veloce. Ma le sgradite sorprese per Graham Hill non erano finite. Se in Germania Stewart era stato costretto al ritiro dopo soli due giri, nel successivo Gran Premio d’Italia Jackie Stewart conquistò la sua prima vittoria in una corsa mondiale di Formula 1 proprio davanti a Graham Hill, dopo averlo superato con abilità all’interno nell'ultima curva della corsa. Spettatori assiepati alla curva parabolica e telespettatori ricordano ancora il tempismo e la corretta esecuzione della manovra di sorpasso effettuata dal giovane pilota scozzese, che costrinse Graham Hill a frenare tardi, nella speranza di risuperarlo, e successivamente a tentare un recupero all’esterno che, a causa della pista più sporca nella zona esterna non battuta dai pneumatici, si concluse con una mezza sbandata e uscita sull’erba perdendo così i 3” 3/10 che rappresentano il distacco che separò Stewart da Hill all’arrivo. Al termine di quella prima Stagione Mondiale, Stewart si trovò addirittura al terzo posto nella Classifica Piloti: un esordio strepitoso che parve essere di buon auspicio per la successiva Stagione 1966.

E in effetti Stewart vinse la prima gara della nuova Stagione, a Monaco, guidando la BRM dotata del vecchio 8 cilindri due litri, nell’attesa che fosse pronto il favoloso motore 16 cilindri ad H con il quale la casa inglese intendeva partecipare alla nuova formula 3 litri entrata in vigore quell’anno. In realtà il successo di Monaco rimase solo: i tre litri effettivi delle case concorrenti erano troppo potenti, soprattutto sui circuiti veloci, per poter tenere loro testa e Stewart dovette accontentarsi di un quarto posto in Olanda e un quinto al Nürburgring. Poi decise di correre ad Indianapolis dove, benché debuttante, condusse la corsa in testa dal 1.450 al 1.900 giro, vale a dire fino a dieci giri dalla conclusione di questo massacrante carosello di 800 chilometri quando fu costretto al ritiro per avaria ad una pompa e la corsa fu vinta da Graham Hill. Poi nel Gran Premio del Belgio, sotto la pioggia, l’Asso scozzese ebbe il suo primo incidente grave. Uscito di strada rimase imprigionato fra i tubi e le lamiere della sua BRM completamente bagnato dalla benzina uscita dai serbatoi e solo per l’intervento di Graham Hill e di Bob Bondurant venne evitato il peggio. Dopo 35 minuti di attesa venne finalmente estratto dai rottami e dopo varie peripezie in ambulanza arrivò all’ospedale da dove Clark lo volle far tornare in Gran Bretagna.

Il suo compagno di squadra, Graham Hill, ha dichiarato: “La mia vettura continuava a girare su sé stessa e quando finalmente sono riuscito a fermarla ho visto la macchina di Jackie nel fosso. Era rimasto incastrato nella sua BRM, inoltre il serbatoio si era rotto ed era completamente coperto di benzina. C’era un forte rischio di incendio e, dopo aver chiuso la pompa di iniezione, ho provato a tirarlo fuori. Dal momento che lo sterzo gli bloccava le gambe l’ho dovuto rimuovere prima di poterlo estrarre di lì”. Stewart: “Sono rimasto intrappolato nella mia vettura per venticinque minuti quando, finalmente, Graham e Bob Bondurant sono riusciti a liberarmi utilizzando la chiave inglese di uno spettatore. Non c’erano dottori e mi hanno caricato nel retro di un furgone. Finalmente un dottore mi ha dato un primo soccorso vicino alla torre di controllo dove sono stato messo su una barella, sul pavimento, circondato da cicche di sigarette. Finalmente è arrivata un’ambulanza a prendermi e, con la scorta della polizia, siamo partiti per l’ospedale ma la scorta ha perso l’ambulanza sulla quale nessuno sapeva la strada da prendere per l’ospedale di Liége. Per tutto questo tempo erano convinti che io avessi una rottura delle spina dorsale, dal momento che no potevo muovere le gambe, e solo dopo un controllo più accurato si è scoperto che le mie ferite non erano così gravi come si pensava subito. Ho compreso che se questo è il meglio che abbiamo c’è poco da stare allegri: non andava bene la pista, le vetture, la copertura medica, gli impianti anti incendio e le squadre di emergenza. C’erano balle di fieno che sembravano blocchi di cemento, molti oggetti a bordo pista contro i quali era pericolosissimo andare a sbattere, gli alberi non erano protetti e cose simili. E’ una cosa impensabile per i giovani piloti di oggi. Semplicemente ridicola. E mortale! Se dovessi lasciare un’eredità a questo sport, penso proprio che si tratterebbe di qualcosa che riguarda la sicurezza dal momento che quando ho cominciato a correre io le misure di sicurezza erano diaboliche”.

Rimase convalescente per una frattura alla spalla per cinque settimane. Durante questo periodo Stewart maturò il suo impegno per la sicurezza, diventandone fervente paladino nel successivo periodo della sua attività. Fu tra i primi ad adottare le cinture di sicurezza sulla monoposto, a collaudare i diversi tipi di tessuti ignifughi per le tute, a sperimentare differenti modelli di caschi e, più in generale, tutti i dispositivi che sembravano poter dare maggiore sicurezza al pilota. Rientrato alle corse in Olanda, si rese conto che il motore BRM 16 cilindri avrebbe avuto ancora bisogno di molto tempo per trovare una discreta messa a punto (se mai l’avesse trovata) e che il V8 era ormai decisamente superato. Si fa strada in lui l’idea di trovare un’altra soluzione per le Stagioni successive.

Riprende così i contatti con Ken Tyrrell per il quale, dopo la fortunata esperienza con le Cooper di Formula 3 del 1964, aveva corso anche in Formula 2 nel 1965, sempre con la Cooper Tyrrell era stato avvicinato dalla casa francese Matra che era interessata a correre in Formula 2 nel 1966. In vista di un accordo, Tyrrell aveva preparato due Matra Formula 3 con motori Cosworth Formula 2, che erano state collaudate da Stewart sul circuito di Goodwood. Queste due macchine corsero sotto la direzione di Tyrrel1 nel 1966 anche guidate da Stewart. Il rapporto fra Tyrrell e la Matra continuò nel 1967 mentre Stewart diventò prima guida della BRM Formula l, essendo Graham Hill passato al Team Lotus. I problemi della BRM non vennero risolti nemmeno in quella Stagione e Stewart, alla fine del Campionato, aveva ottenuto solo un secondo posto in Belgio e un terzo in Francia, collezionando anche otto ritiri. Qualche consolazione il BRM 8 cilindri gli diede nelle gare australi. Già nel 1966 aveva vinto la Coppa della Tasmania, affermandosi a Christchurch, a lnvercargill, a Sandown Park e a Longford. Con la Lola-Indy aveva vinto la gara del Monte Fuji e con la Ferrari 275 LM si era imposto, in coppia con Buchanan, nella 12 ore di Surfers’ Paradise.

Nel 1967, sempre con la BRM 8V, ottenne due vittorie nei Gran Premi di Nuova Zelanda e Australia. Per il resto le soddisfazioni gli vennero dalle Formula 2 di Tyrrell, le Matra-Ford, con le quali vinse a Karlskoga, Enna, Oulton Park e Albi. Alla fine della Stagione c’è la svolta nella Carriera di Stewart: cadute le trattative con la Ferrari e ormai deluso dalla BRM, il Campione scozzese cerca di convincere Ken Tyrrell a entrare in Formula 1. Ma Tyrrell non supera le molte esitazioni fino a quando non assiste alla strepitosa vittoria del debuttante motore Ford-Cosworth 8 cilindri a V che Jim Clark porta al successo, con la nuova Lotus 49, nel Gran Premio d’Olanda 1967. Trovato il motore, per Tyrrell è facile, fruendo degli appoggi di quanti già lo aiutavano in Formula 2, pensare alla Formula 1. E per la Stagione 1968 Jackie Stewart ha la sua nuova macchina: è la Matra-Ford dell’Équipe Matra International diretta da Ken Tyrrell. Il nuovo Team parte bene. Nella terza gara di Campionato, in Olanda, Stewart porta al successo la nuova vettura e si ripeterà in Germania e negli Stati Uniti. Con un terzo e un quarto posto in Francia e in Belgio, due sesti, in Gran Bretagna e Canada, Stewart alla fine del Campionato è secondo dietro all’eterno amico-rivale Graham Hill. E questo nonostante abbia dovuto disertare due Gran Premi di Formula 1 (Spagna e Monaco) a causa di un incidente occorsogli durante una gara di Formula 2 a Jarama che gli aveva procurato la frattura del polso destro. La combinazione Matra-Cosworth che già lo aveva portato ad un soffio dal Campionato (che avrebbe anche potuto vincere, se nell’ultima gara in Messico non avesse avuto noie di alimentazione) lo lancia verso il successo nel 1969.

Vince nella gara d’esordio in Sudafrica e si ripete in Spagna. Ritiratosi a Monaco, infila poi tre vittorie consecutive, in Olanda, Francia e Gran Bretagna; è secondo in Germania e vince la sua sesta gara della stagione laureandosi in anticipo Campione, nel Gran Premio d’Italia. Sempre con la Matra vince anche due gare in Formula 2 in Germania e in Spagna. Conquistato il Titolo Mondiale, Stewart si impegna ancor più per la sicurezza – ormai la sua è una voce troppo autorevole per essere ignorata – e, da buon scozzese, amministra al meglio i propri successi. E anche in questo campo l’abilità di Stewart si manifesta pienamente. La sua sembra infatti una Carriera in costante ascesa: ma in realtà anche lui, come molti altri piloti, ha conosciuto lunghi periodi di sfortuna. La sua abilità è stata di averli minimizzati, agli occhi degli altri, esaltando invece i momenti di successo.

È quello che fa nel 1970, anno piuttosto travagliato in Formula 1. Accade infatti che la Matra, che stava perseguendo la politica della vettura tutta francese, chiede a Tyrrell di montare sulla vettura il 12 cilindri della vettura sport francese. È un progetto che sia a Tyrrell che a Stewart pare troppo denso di incognite ed i due britannici decidono di rompere il rapporto con i francesi, privilegiando quel1o con la Ford. Tyrrell e Stewart decidono così di entrare nel novero dei piloti e delle Squadre che danno fiducia ad una nuova marca, la March, progettista Robin Herd. Purtroppo, nonostante l’impegno del nuovo team, i risultati positivi tardano ad arrivare. Nel 1970, dopo un terzo posto all’esordio in Sudafrica e una vittoria in Spagna, Jackie conosce ben otto ritiri sia pure intervallati da due secondi posti in Olanda e in Italia e un nono in Francia. Al termine del Campionato è solo quinto. Vince anche, fuori campionato, la Corsa dei Campioni e in Formula 2 si aggiudica una corsa al Crystal Palace e una gara in Giappone. Corre con la nuova Chaparral 2H a Watkins Glen e firma per il 1971 per la Goodyear e per la Lola sport. Questo benché non abbia mai fatto mistero della sua antipatia per le corse Sport ed in particolare per Le Mans dove tuttavia nel 1965 si era brillantemente esibito, con Graham HiIl, al volante della Rover BRM a turbina. Durante la stagione 1970 tuttavia i dubbi sulle possibilità di rendere competitiva la March-Ford della Scuderia non vengono cancellati da qualche buon risultato e Tyrrell decide il grande passo: costruire una propria Formula 1. La nuova vettura è pronta nell’agosto 1970 e debutta nell’ultima parte della Stagione ma con tre ritiri in Canada, Stati Uniti e Messico. Gli esperimenti però non sono stati inutili.

Lo si vede all’inizio della Stagione 1971 quando Stewart ottiene numerosi risultati utili. In Sud Africa si accontenta del secondo posto dietro ad Andretti, ma già nel successivo Gran Premio di Spagna torna alla vittoria, ripetendosi subito dopo a Montecarlo. E continua a vincere, dopo una pausa in Olanda (solo 11°), in Francia, in Gran Bretagna, in Germania, in Canada. Nell’ultima gara del1a Stagione 1971, a Watkins Glen, cerca di uguagliare il record di Jim Clark, con sette vittorie, ma per noie alle gomme deve accontentarsi del quinto posto. È comunque Campione del Mondo per la seconda volta con 62 punti contro i 33 di Ronnie Peterson.

Il 1972 comincia altrettanto felicemente con la vittoria ed il record sul giro nel Gran Premio d’Argentina. Poi però la macchina lamenta alcune noie (Pole Position nella seconda prova in Sudafrica ma guasto alla lubrificazione del cambio al 45° giro), quindi è coinvolto in un incidente al Jarama. Quarto a Monaco, Jackie Stewart torna alla vittoria a Clermont Ferrand per il Gran Premio di Francia. Risultati alterni anche nella seconda parte della Stagione: fuori strada in Germania, settimo in Austria, fermato al via del Gran Premio d’Italia da un guasto alla frizione, Stewart riesce a chiudere in bellezza con due vittorie e due records sul giro nelle gare di Mosport e Watkins Glen. Deve però accontentarsi del secondo posto nel Campionato del Mondo, dietro al brasiliano Emerson Fittipaldi che ha portato al successo la nuova Lotus-Ford JPS, marca che sta tornando ai vertici. La Squadra di Colin Chapman aveva contribuito a rendergli la vita difficile. Al punto che l’ulcera duodenale che l’affliggeva, spiegata dai medici anche per i suoi stress da rischio, lo portò a dubitare

a un certo momento della possibilità di continuare ai più grandi livelli.

La storia di Stewart è anche un po’ la storia dei suoi capelli. Faccino semplice, pulito, capelli cortissimi finché si destreggiava con le piccole cilindrate, poi…I suoi anni migliori, gli anni mondiali, dal 1969 al 1973, furono proprio una riedizione della leggenda dei capelli alla Sansone. Quando li aveva corti prometteva tra i primi, ma non primissimo. Quando inaugurò la moda, nel circospetto mondo conservatore delle corse, del look alla maniera dei connazionali Beatles, fu un guizzo vincente. Capelloni lunghi, quasi come quelli della bellissima moglie Helen (vicina di casa scozzese che sposò rispettando il detto “mogli e buoi dei paesi tuoi”) e poi il berretto blu con visiera alla marinaia, più cappotto tre quarti blu altrettanto di stile marino, divennero divisa inconfondibile. Il passo molleggiato sulle punte, un altro dei suoi segni distintivi. Famosa la foto di spalle, presa a lui e al piccolo Paul di due anni, che camminava come il papà. Con i figli Mark e Paul era tenero, ci viveva il più possibile. Anche se, piccolini, non è che fossero felicissimi quando lo vedevano preparare la valigia per uno dei suoi tanti spostamenti: “Daddy, perché vai sempre a trovare la tua macchina da corsa?”, cantilenavano. Ben 4.500 miglia l'anno calcolava lui di passare in viaggio, negli anni più impegnati. Quando guadagnava 500 milioni l’anno.

Il 1973 è l’anno conclusivo della Carriera agonistica del fuoriclasse scozzese. Già all’inizio della Stagione Stewart annuncia la sua intenzione di ritirarsi a fine Campionato, nel quale si impegnerà al massimo per ribadire la propria superiorità. E ci riesce vincendo il suo terzo Titolo Iridato. Con un solo grandissimo dispiacere: di aver dovuto chiudere la carriera con la morte del suo giovane compagno di squadra e allievo, il francese François Cévert, deceduto durante le prove del Gran Premio degli Stati Uniti. Questi fu per lui qualcosa di più di un compagno di Scuderia ma anche un pupillo e un amico. Spesso Jackie fece da maestro a Cevert dandogli consigli di guida, trucchi, insegnandogli persino le traittorie da seguire e le marce da innestare nei vari tracciati. Quella corsa sarebbe stata per Stewart la centesima gara di una Carriera sportiva perfetta. Ma il ritiro della Squadra lo fa fermare a quota novantanove avendo comunque stabilito un record: su 99 gare disputate 27 vittorie e 359 punti iridati totalizzati. È un primato ancora imbattuto. L’ultima Stagione era cominciata in crescendo: terzo in Argentina, preceduto da Cévert, secondo in Brasile, primo in Sud Africa, nonostante un brutto incidente nelle prove libere alla fine del rettilineo alla curva Crowthrone, per la rottura della barra di bilanciamento. Primo anche nella gara fuori campionato di Silverstone per l’International Trophy, primo in Belgio e primo a Monaco. A Montecarlo, l’Asso scozzese batte il record di 25 vittorie di Fangio ed entra nella Leggenda delle corse automobilistiche sportive. Poi quinto in Svezia. quarto in Francia, decimo in Gran Bretagna e nuovamente primo in Olanda e in Germania, secondo in Austria, quarto in Italia e quinto in Canada. Per la terza volta è Campione del Mondo con 71 punti contro i 55 del numero uno uscente Fittipaldi. Poi nell’ottobre 1973 indice una conferenza stampa al Charlton Tower Hotel di Londra e conferma il suo ritiro dalle corse. Helen portò la scarpa destra da ginnastica dal gioielliere Asprey e la fece intingere nell’oro: fu il suo regalo per il ritiro di Jackie. Quando nel dicembre 1973 a Londra festeggiò il suo terzo Titolo Mondiale e l’addio alle corse, in una festa raffinata nel primo Hotel della città, tutti i 400 invitati (meno le signore, ovviamente) avevano ricevuto il berrettino blu alla Jackie: dall’accompagnatore della Principessa Anna d’Inghilterra, il Maggiore Mark Phillips, a Sean Connery, Colin Chapman, Ken Tyrrell, il Principe Aga Khan lo esibirono compiaciuti. Si festeggiava chi aveva appena vinto più Gran Premi (27 vittorie totali, record imbattuto per anni) di Jim Clark (25) e Juan-Manuel Fangio (24).

Negli ultimi 30 anni – la sua seconda Carriera – Sir Jackie Stewart ha raggiunto più di quanto la maggior parte di noi potrebbe sperare di raggiungere in 20 vite. E, mentre Emerson Fittipaldi, Alain Prost e Niki Lauda hanno fallito nei loro tentativi di dirigere o creare un Team di Formula 1, Jackie in soli tre anni ha portato la sua Squadra da zero a Pole Position e vittorie. Come sempre, ha avuto un tempismo perfetto. Prima di intraprendere il progetto-Formula 1, ha consolidato la sua Carriera nelle corse mettendo insieme un ricco portfolio di clienti di primo piano, compresi Ford (con cui lavora ormai da quasi 40 anni), Elf, Britax, Goodyear, Moet, Gleneagles, Rolex, HSBC e ABC Television, che per le sue capacità lo hanno ritenuto immediatamente idoneo. Ha viaggiato in continuazione, il suo carico di lavoro è stato notevole. È dotato di classe e presenza. Ha dedicato tanto tempo a nobili cause – come lo Springfield Boys’ Club, per esempio – oltre a sviluppare un nuovo sistema di sterzo per l’ultima Ford. La sua vita è stata una caleidoscopio di telefonate, agende strapiene, brevi riposi a casa, per fare ciò che gli riesce meglio. E poi ha costruito un Team per soddisfare le aspirazioni di pilota del figlio maggiore, Paul. Se Paul avesse corso e Jackie avesse dovuto aiutarlo, non gli sarebbe bastato usare i propri contatti per finanziario. Jackie ha sfruttato appieno la propria esperienza, la propria visione, la propria determinazione, il proprio potere di persuasione e l’acuta “mente da corsa” per creare un sistema che impiegasse centinaia di uomini e lanciasse molte carriere. Oltre a Paul, che ha raggiunto gli standard della Formula 3000, Jackie può vantare di aver favorito le Carriere di Juan Pablo Montoya, David Coulthard, Rubens Barrichello, Jan Magnussen, Helio Castroneves, Gil De Ferran, Dario Franchitti, Ralph Firman e Justin Wilson, per fare solo qualche nome.

Stewart si è offerto di portare in pista le nuove monoposto di Formula 1 degli anni Settanta. Nel 1978, il pilota scozzese ha effettuato uno spettacolare test portando in pista diversi modelli tra cui: Lotus-Ford 78, Brabham-Alfa Romeo BT46, McLaren-Ford M26, Tyrrell-Ford 008, Renault RS01, Ligier-Ford JS9 e Wolf-Ford WR4.

È stato sapiente amministratore dei suoi guadagni da corsa: “Come potrei mai dire qualcosa di negativo su questo Sport che mi ha reso indipendente, ricco e sereno?” Ma sapeva vedere lontano. E prima di tanti altri, quasi un anticipatore dei tempi. Già nel 1971, prima che esplodesse la rivoluzione FOCA guidata da Ecclestone con Chapman e Tyrrell, proclamava: “È tempo che lo Sport automobilistico si sviluppi al di fuori delle sue attuali strutture. Da troppo tempo nulla è veramente cambiato in questo Sport che ha un imperioso bisogno di sangue nuovo per poter vivere e per sviluppare mezzi e mentalità adatti alla nostra epoca. Purtroppo lo Sport auto soffre per essere

in mano a un gruppo di organizzatori che sono dei dilettanti. Quando saranno sostituiti da scaltri uomini d’affari, con larghe vedute, questo sport farà un grande passo avanti”. È ciò che è avvenuto. Lo scaltro Ecclestone ha raccolto il vaticinio. Un cocktail umano vero, quello dello Scozzese Volante 2. Personaggio di buona cultura e mondano, finché non guasta, marito fedele e padre felice, amministratore oculato anche dei propri entusiasmi, pescatore, cacciatore e corridore, per la macchina conserva altrettanta attenzione. Fangio ne magnificava la qualità maggiore nel “non stancarsi mai”. “La peggiore cosa per chi fa una gara è stancarsi in corsa”, affermava El Chueco, “e Jackie non si stanca mai. Perché sbaglia meno di tutti”.

Enzo Ferrari, il Drake di Maranello, ha detto di Jackie Stewart: “È stato un Campione genuino. Un uomo che non concedeva molto agli avversari. Sapeva quello che voleva e lo sa tuttora. A parte le qualità eccezionali del whisky che offre agli amici direi proprio che è un ragioniere e nei suoi conti ha sempre amministrato scrupolosamente anche il rischio. Lo ammiro anche se disdegnava le macchine con le ruote coperte e se la folla lo giudicava di poca fantasia e improvvisazione. È entrato con autorità nella rosa dei migliori di tutti i tempi, e non soltanto per i tre Titoli Mondiali che ha riportato”. Inoltre, Stewart è diventato Cavaliere nel 2001 ed è stato Presidente del British Racing Drivers’ Club dal 2000 al 2006, associazione che gestisce il circuito di Silverstone e l’organizzazione del Gran Premio di Gran Bretagna di Formula 1.

Nel 1988, Jackie e Paul Stewart, discreto pilota nelle Categorie promozionali e ottimo manager, fondano il Team “Paul Stewart Racing” e iniziano la scalata alla Formula 1 partendo dalle Categorie minori. Nel gennaio 1996 arriva l’annuncio ufficiale del prossimo ingresso in Formula 1 della Squadra scozzese. Il Team Stewart si affida alla direzione tecnica di Alan Jenkins, progettista di grande esperienza con trascorsi alla McLaren, alla Onyx e alla Arrows, e a nuovi giovani piloti come il brasiliano Rubens Barrichello e il danese Jan Magnussen, una coppia di tutto rispetto che non tarda a mettersi in luce. Jackie prende accordi con la Ford e convince i vertici di Detroit a investire nel suo Team e a dirottare una seconda fornitura di 10 cilindri Zetec, già affidati a Sauber. Barrichello conquista il secondo posto nel Gran Premio di Monaco 1997 sotto la pioggia di Montecarlo, insidiando le Ferrari di Michael Schumacher e Eddie Irvine. Sei punti iridati, dopo poche gare, illuderebbero chiunque, non Jackie Stewart consapevole di quanto lavoro ci sia ancora da fare. La Stagione del debutto si chiude senza altre prestazioni di rilievo.

Nel 1998 arriva una brutta inversione di tendenza. La Stewart è solo ottava nella Classifica Costruttori e a metà Stagione il deludente Magnussen viene rimpiazzato da Verstappen. Nella Stagione 1999 si riparte con una nuova Squadra, composta da Rubens Barrichello e Johnny Herbert, con il debutto della nuova interessante monoposto SF3, che annovera novità alle sospensioni e alla distribuzione dei pesi. Al Nürburgring, nel Gran Premio d’Europa, arriva la prima vittoria della Squadra. Herbert trionfa sotto la pioggia davanti a Trulli e Barrichello. Stewart piange di gioia e assapora di nuovo il gusto dello champagne sul podio, festeggiato dai piloti e dai meccanici. A questo punto, dopo aver rotto il ghiaccio, entra in scena la Ford. A suon di milioni di dollari, il colosso di Detroit acquista il Team Stewart dell’omonima famiglia, rispolverando il marchio Jaguar, un marchio del passato ricco di storia e vittorie. Jackie Stewart esce così di scena dopo aver portato a un successo insperato la propria formazione.

Come proprietario di un Team di Formula 1, Jackie non ha avuto timore di entrare in un sistema in rapida evoluzione e di dire ciò che pensava. Non gli importava che la generazione più giovane iniziasse a chiedere “Chi è Jackie?”, né che qualcuno ridesse alle sue spalle. Jackie è rimasto fedele ai propri principi, leale verso la famiglia e l’etica e ha continuato a dettare standard in termini di comportamento, maniere e presenza. Combinate tutto questo con la sua Carriera in pista e la sua campagna per la sicurezza nessun pilota che oggi goda della sicurezza nelle corse ha il diritto di criticare Jackie o, peggio ancora, di ignorare la sua genialità – e avrete, semplicemente, l’uomo più significativo nella Storia della Formula 1.

LA CARRIERA IN FORMULA 1

Debutto: Gran Premio del Sud Africa 1965 (Kyalami) su BRM P261

Ultima gara: Gran Premio del Canada 1973 (Mosport) su Tyrrell-Ford 005/006

Titoli iridati: 3(1969, 1971, 1973)

 
GP disputati  99 Stagioni  9
Pole Position  17 Giri Più Veloci  15
Punti  360    

Piazzamenti a punti

 27   11   5   6   5   3       

CAMPIONATO DEL MONDO DI F.1

Anno

Team GP PP GPV Vittorie Posizione finale

Punti

 1965 

 BRM P261  10      1

 3° 

 33 (34) 

 1966 

 BRM P261/P83  8      1

 7° 

 14 

 1967 

 BRM P83/P261  11      

 9° 

 10 

 1968 

 Matra-Ford MS9/MS10  10    2  3

 2° 

 36 

 1969 

 Matra-Ford MS10/MS80  11  2  5  6

 1° 

 63 

 1970 

 March-Ford 701        

  

  

  

 Tyrrell-Ford 001  13  4    1

 5° 

 25 

 1971 

 Tyrrell-Ford 001/003  11  6  3  6

 1° 

 62 

 1972 

 Tyrrell-Ford 003/004/005  11  2  4  4

 2° 

 45 

 1973 

 Tyrrell-Ford 005/006  14  3  1  5

 1° 

 71 

* Fuori dalla parentesi i punti ritenuti validi ai fini iridati

 

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